lunedì 28 aprile 2008

Il Counseling Filosofico Relazionale (Articolo quarto)

Il Counseling Filosofico Relazionale

Trascendenza

Essendo indirizzati verso il problema immediato del cliente e avendo questi ricevuto un certo livello di competenza filosofica, cliente e counselor possono adesso osservare che il loro dialogo sta andando oltre i particolari concreti della vita quotidiana e sta avvicinandosi a domande di natura piu' astratta e universale. Il cliente si trova insomma ad emergere dallo "stato di immanenza" e ora vive la sua vita usando di piu' la capacita' di riflettere, di scegliere e di dirigere se stesso.

Nel trascendere egli comprende piu' chiaramente le particolarita' della sua situazionedi vita individuale e le osserva nel loro piu' generale contesto sociale, storico e universale. La trascendenza e' in primo luogo un evento mentale: la memoria e l'immaginazione ci rendono capaci di andare al di la della realta' immediata della nostra esperienza. Si tratta di una liberazione dell' io dall'alienazione dove lo avevano trascinato le preoccupazioni, le passioni, i desideri, una liberazione che consente di diventare persone morali, aperte all'universalita' e all'oggettivita'.

E' naturalmente impossibile per il Counselor e il cliente emanciparsi o liberarsi completamente dalle inevitabili influenze della tradizione. Ma comunque la discussione filosofica rende il cliente capace di vedere meglio se stessoe le sue credenze, all'interno del quadro di riferimento della sua famiglia e della sua comunita', e il mondo, facendogli comprendere il suo posto dentro le ideologie e le strutture famigliari, sociali e politiche. E' l'approccio alla "saggezza" , quindi ad uno stato di liberazione, dalle passioni, di lucidita' , di conoscenza di se' e del mondo, che libera il cliente dal semplice reagire alla vita con emozioni riflesse o con abitudini, e promuove un potenziamento della capacita' di discernere la vita onesta da quella meno onesta e di scegliere da solo le opinioni e le azioni che rappresentino meglio la propria concezione di "vita buona".

E' in questo stadio che il counselor e il cliente arrivano iunsieme alle domande piu' profonde, come " chi sono"?, " come dovrei vivere"? . Mentre nello stadio due la discusione rimane principalmente sul livello pratico del che cosa fare , a questo stadio si sviluppa nell' articolazione di risposte a domande come "perche'?", " per quale ragione?" . Quando il cliente diventa consapevole della sua visione del mondo, pio' aprirsi uno iato tra il suo effettivo modo di vivere e un altro possibile modo di vivere, che potrebbe procurargli autorealizzazione e felicita'. In altre parole, si puo' creare uno spazio per una " autoalienazione", ovvero per una delusione e un rifetto di quanto egli stesso percepiva di star diventando. una volta che sia consapevole degli assunti e delle credenze che costituiscono la visione del mondo o il sistema di credenze entro il quale vive, il cliente diventa capace di seguire un approccio che parta dalla conoscenza dei propri valori e dei propri principi e giunga alla considerazione della sua personale relazione con i problemi quotidiani particolari, alla luce dei suoi paradigmi.

Quando le decisioni di un cliente su problemi particolari sono informate dalla consapevolezza della propria visione del mondo, e' piu' probabile che esse siano sentite come decisioni giuste, in quanto i conflitti interni, che possono sorgere quando le decisioni siano inconsistenti o in contraddizione con la visione del mondo, avranno minori possibilita' di verificarsi. A questo stadio il cliente ha avuto la possibilita' di seguire per molti mesi il processo di sviluppo delle sue abilita' dialogiche e di ragionamentoe ha senz adubbio attenuato il numero, la gravita' e la pressione delle sue preoccupazioni immediate. Ha percio' probabilmente guadagnato anche una significativa fiducia in se stesso. E' grazie a questi cambiamenti che il cliente si avvicina alla condizione di essere una persona pareteticamente filosofante e che la sua relazione con il counselor tende a diventare quella di due eguali compagni di dialogo.

A questo stadio, quindi, il cliente deve abandonare la sua precedente richiesta che il counselor svolga il ruolo dell' autorita' nello scambio dialogico. Egli infatti viene ad avere sempre piu' fiducia nelle proprie abilita' di pensiero, come fonte delle risposte alle sue domande e di nuovi spunti. L'autonomia che il cliente matura definitivamente in questo stadio lo aiuta ad evitare il rischio di cadere in altri momenti di apatia o di crisi esistenziali. Ma l'autonomia puo' ridursi ad un crudo individualismo, se vengono ignorate le relazioni di interdipendenza.

Il counselor filosofico deve assistere il suo cliente nel superamento della concezione contemporanea dell'autonomia, che viene denominata "culto dell'individualita'", con la sua ossessiva, e insoddisfacente, ricerca dell' assoluta indipendenza , dell' auto sviluppo e della celebrita', che spesso conducono ad una competitivita' distruttiva e a conflitti interpersonali, e aiutarlo a giungere a quel tipo di autonomia che favorisce un miglior riconoscimentonon solo del proprio valore intrinseco, ma anche delle relazioni sia con la comunita' umana con la quale egli vive.

A presto Luciana